mercoledì 21 dicembre 2011

Conoscere l’altro, conoscere se stessi

Benvenuta Pimboli! Incredibile quanto, nell’universo delle diversità, le tue parole mi ricordino quelle di Mirtilla o le immagini di Fumone e di Nadia! Intanto grazie perché in alcuni passaggi rappresenti esattamente l’altalena di emozioni dell’amore, quelle che proviamo quando stiamo su in cima – l’Euforia d’Amore – e quelle che ci attanagliano quando scivoliamo giù – la Depressione d’Amore... Le tue parole raccontano proprio come si precipita dall’illusione alla delusione, fatta di confusione, amarezza e poi chiusura. Tutti potremmo ritrovarci in quel senso di incomprensione e di incomunicabilità, di cui parli, che porta a << non riuscire più ad essere se stessi, nella totalità, nella nudità dei propri pensieri >>.

Vedi, come suggerivo anche a Mirtilla, ogni esperienza d’amore è prima di tutto una esperienza di relazione: mentre ci rapportiamo ad una persona (differente da noi stessi), la conosciamo e, se le cose funzionano, ci innamoriamo di lei. Ma che significa “se funzionano”? Funzionano rispetto a cosa?!? Faccio un esempio: spesso sento dire ad alcune persone, circa il/la proprio/a partner, cose tipo … << È perfetto ma non mi prende profondamente, non sono veramente coinvolto/a … mi dispiace perché non gli/le manca nulla eppure non va! >>. Quando si prova e si afferma questo, è perché si pensa e ci si riferisce a se stessi. Le cose “(non) funzionano” rispetto a se stessi e questo presuppone la capacità di conoscersi.


“Conoscersi” significa avere una percezione aperta, onesta, flessibile e continua su se stessi. Quante volte, invece, manteniamo una percezione limitata, alterata, rigida e immobile di noi stessi! Quante aspetti di noi ci stanno scomodi, non accettiamo e fingiamo di non vedere! E quante paure, angosce, rabbie, invidie, insicurezze e ostilità…

Innamorarsi e amare è un’occasione per conoscere se stessi. Anche vivere l'amicizia lo è!

La riflessione è su "CHI SONO IO", ossia partendo dall’altra persona, non mi fermo a lei ma riferisco le sue caratteristiche e i suoi comportamenti a me, ovvero ai miei bisogni, al mio carattere, ai miei valori. In questa prospettiva ogni esperienza d’amore è una esperienza di relazione con l’altro e, al contempo, un'occasione di relazione con se stessi: ciò che conosco dell’altra persona ha delle risonanze precise in me e, ascoltandomi, imparo cose di me. Posso confermare aspetti già noti o scoprire che sto cambiando, addirittura che in me sono presenti parti di cui ignoravo l’esistenza!
Per questo ogni esperienza d’amore può essere diversa l’una dall’altra, unica … proprio perché l’IDENTITÀ di ciascuno di noi è in continua evoluzione! Unica perché unica è la combinazione intellettuale, emotiva e spirituale a cui "solo" quelle due persone possono dare origine. In quel preciso momento storico e in quelle determinate circostanze in cui si sono incontrati e si sono rapportati l'una/o all'altro/a.

Ripenso ai commenti di Pimboli e di Mirtilla: cosa pensereste se l’innamoramento portasse sistematicamente una persona alla disillusione e al disincanto, e poi allo scoraggiamento, all'inibizione?
E se si svolgesse per una persona esclusivamente in un modo, seguendo uno schema stereotipato, che alla fine stanca e non è altro che << fonte di sofferenza >> ?

Si può arrivare anche a conoscere un solo modo per sedurre e per essere sedotti, un solo modo per eccitare e per essere eccitati, un solo modo per emozionare e per emozionarsi ... un solo modo per sentirsi vivi. È un po’ riduttivo, rispetto alla ricchezza della vita e dei modi in cui può essere l’altra persona, posso essere io. Ecco che è necessario conoscere se stessi per comprendere in quanti modi, contemporaneamente, IO SONO. E trovare tanti modi per innamorarsi, amare e fare l'amore. Con la persona amata e con se stessi.

PS Abbiate un sereno Natale, un sereno nuovo anno della vostra esistenza … ricordando sempre quali sono le cose che contano per voi veramente! Un sincero abbraccio.

martedì 15 novembre 2011

Conoscersi

"Per favore... addomesticami", disse.

"Volentieri", rispose il Piccolo Principe, "ma non ho molto tempo, però… Ho da scoprire degli amici e da conoscere molte cose".

"Non si conoscono che le cose che si addomesticano", disse la volpe.



da "Il Piccolo Principe"
di Antoine Marie Roger De Saint Exupéry


Alle parole più semplici è affidata una tra le più sagge eredità dell'Autore. Non c'è forma di amore che, per esser vissuto nelle potenzialità più profonde delle relazioni umane, può prescindere dal metteresi in gioco e dallo spendersi, dall'esserci e dal trattenersi con l'altro.

Il bisogno di essere amati è un bisogno umano fondamentale e nobilita la persona tutte le volte che si è disposti a farsi vedere in ogni aspetto di sè, di luce e di ombra... a farsi conoscere profondamente.

Non di meno del bisogno di amare che si concretizza in atti quotidiani che valorizzano colui che è amato esattamente come colui che ama. E' questo "valore" che rende unico l'altro per me e rende unico me per l'altro.

Amare richiede di interessarsi e di essere incuriositi non solo dalle proprie incombenze e dalle proprie prospettive ma anche da ciò che c'è intorno a sè... aprirsi alla vita, al mondo!

Amare significa estendersi oltre se stesso e comprendere nel proprio "esserci" sia la propria identità, sia l'identità dell'altro... attraverso un itinerario di conoscenza affascinata e affascinate!

Amare è un modo per conoscersi: una forma di conoscenza dell'altra persona e, nel contempo, anche di se stessi. Grazie agli occhi dell'altro su di noi e grazie al legame con l'altro che acquisisce un significato inestimabile con il tempo.


"E' il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante".

domenica 23 ottobre 2011

Amore tra illusione e delusione



Quel che oggi è amore
domani è giustificazione.
Nel teatro mobile delle parti
interpretiamo ruoli
alla bisogna.

Noi, involucri vuoti, dentro.
Maschere senza volto, dietro.
Voci senza eco, dopo.
E poi a turno,
tutti siamo tutti.


Raffaele Bifulco
28/08/2010


Cosa ne è della nostra capacità di "Amare"?

L'esaltazione per un incontro speciale ed una sintonia immediata di pensieri, di modi di fare, di emozioni comuni... è quanto di più eccitante ci possa capitare, e che cerchiamo. Poi l'intesa fisica, erotica, sessuale... e il gioco è fatto: siamo innamorati! Eppure è sempre più diffuso il senso di solitudine, non solo quando finisce un amore ma, sempre più spesso, anche durante un amore. Sempre più diffusa sono le esperienze amare dell'illusione e della delusione.

Per molti la condizione dell'amore coincide con il mito della felicità.

In molti, desiderando l'amore, cerchiamo "la persona speciale" con cui essere felici. E in molti, piuttosto che esser pronti a dare amore, siamo pronti a vivere quella condizione che ci fa sentire speciali, ossia ricevere amore. La migliore delle premesse per convincersi - mostrando il meglio di noi stessi - che questa volta non sarà come le altre. Il migliore dei modi per guardarsi senza vedersi, per sentirsi senza ascoltarsi, per parlare senza raccontarsi, per condividere tempo senza conoscersi, per stare l'uno affianco all'altro ma non insieme. L'intimità è ben lontana!

Se "amare" non è diluire nell'altro la propria solitudine e se non è delegare all'altro il soddisfacimento dei propri bisogni personali... allora cos'è l'Amore?