mercoledì 26 settembre 2012

Essenza (2)

Ho letto i commenti al post di agosto e ascoltato con attenzione chi mi ha detto di persona come ha risuonato la suggestione sulla propria essenza. Colgo la distanza e l'indifferenza, il senso di disorientamento, l'atteggiamento di prudenza, la posizione d'attesa, il desiderio della ricerca...

E mi torna in mente la storia dei sei ciechi e l'elefante...

C'era una volta un villaggio i cui abitanti erano tutti ciechi. Un giorno un principe straniero, che viaggiava sopra un elefante, si fermò davanti alle mura di questo villaggio, per una sosta durante il suo tragitto. Tra gli abitanti si diffuse la voce della presenza del principe e di un animale straordinario, che essi non conoscevano. Così i cittadini decisero di inviare sei persone ad accogliere il principe e a toccare l'elefante, così che poi avrebbero potuto descriverlo a tutti gli altri. Al loro ritorno, i sei ciechi furono accolti con impazienza e curiosità. 

Il primo disse che un elefante è come un enorme ventaglio rugoso. Aveva toccato le orecchie.
- Assolutamente no, - intervenne il secondo - perché è come un paio di lunghe ossa. Egli aveva toccato le zanne.
- Ma proprio per niente! - esclamò il terzo - Un elefante assomiglia ad una grossa corda. Aveva toccato la proboscide.
- Ma cosa state dicendo? Piuttosto è compatto come un tronco d'albero! - replicò il quarto cieco, che aveva toccato le zampe dell'elefante.
- Non capisco di cosa state parlando... - gridò il quinto cieco - ... l'animale assomiglia ad un muro che respira. Questi gli aveva gli toccato i fianchi.
Il sesto sentenziò fermamente - Non è vero nulla di tutto questo: un elefante è come una lunga e robusta fune. Aveva toccato la coda.
Così i sei ciechi iniziarono a litigare, presi tutti dall'affermare ciò che avevano toccato.

Attirato dalle urla, il principe rimase in ascolto e, comprendendo che quella situazione era destinata a ripetersi all'infinito, prese la parola e sussurrò ...

"Tutti dicono una verità. Ognuno sa cosa ha sentito ed è sicuro di ciò che ha toccato con mano. Ma l'esperienza fatta è solo una parte della verità e solo "ascoltandosi" ognuno può andare oltre, comprendere la verità che cerca."

... e - aggiungerei - "vedere".


venerdì 31 agosto 2012

Essenza (1)


Non tutto
non sempre
ho saputo
di te.

Mi sei arrivata
in ogni regione
del corpo
oltre ogni destino voluto.

Mi hai invaso,
logorato difese
e il senso
di tutti i sensi.

Come sei
e perché mi liberi?
Cosa mi chiedi
e chi diventerò?

L’essenza di un uomo,
comunque,
ha ragione.


Raffaele Bifulco
04/07/2012

lunedì 30 luglio 2012

Il senso del sesso ( 2 )




Intervista radiofonica, in diretta martedì 31 luglio alle ore 20:00, su Radio Mambo - FM 106.9 e streaming www.mambo.it - nel corso del programma ApeMambo


Il sesso - inteso come atto sessuale - può essere un'attività e, al contempo, un’esperienza... e, come tutte le esperienze, una occasione per scoprire ed approfondire nuove conoscenze su di sé: il corpo, la sensualità, l'eccitazione, la seduzione, la fantasia, l'eroticità, il piacere ... queste sono realtà in continua evoluzione! 


Come tutte le esperienze, anche il sesso, può essere un rivelatore di significati. Questo, però, dipende dalle persone!


Nel sesso c'è un senso "valido universalmente" per ogni persona o, invece, un senso è "attribuito soggettivamente" al sesso da ogni persona?

Ognuno ha una "mappa mentale unica", dovuta al proprio percorso di vita in cui incidono una serie infinita di fattori (biologici, ambientali, sociali, culturali, religiosi, affettivi, relazionali, cognitivi, familiari, educativi, professionali, ideologici e ... chi più ne ha, più ne metta!). In questa prospettiva, il senso del sesso è del tutto relativo.

E' indubbio, comunque, che l'esperienza sessuale coinvolga diverse dimensioni della persona: il corpo e i sensi, il cognitivo e l'immaginario ... la comunicazione. A meno che non si parli di masturbazione, nell'atto sessuale il piacere, oltre ad essere fisico e psicologico, è anche relazionale.

L'altra persona è il nuovo, il diverso, l'imprevedibile, il mistero ... l'opportunità di incuriosirsi, di aprirsi e di spostarsi da sé ... per lanciarsi anche oltre gli aspetti più elementari della sessualità, verso le potenzialità possibili dell'eros!

Quanto più ci si appiattisce entro significati limitati e (auto)limitanti , tanto più stereotipato, insoddisfacente, strumentalizzante ed alienante può diventare il sesso. Una vera "mortificazione" per le diverse sfaccettature dell'identità sessuale! 

L'esperienza sessuale tra adulti può avere proprio questo potenziale: il piacere condiviso nella/e dimensione/i in cui si desidera avere un "contatto intimo". 


In questo "senso" il sesso è incontro, scambio, complicità, arricchimento ... in ogni sua forma.


venerdì 15 giugno 2012

Il senso del sesso ( 1 )


Mi attengo strettamente alle informazioni che si acquisiscono da dizionario ...


Senso [sèn-so] s.m.
- Facoltà di avvertire le sensazioni prodotte da stimoli esterni o interni; ciascuna delle funzioni, a cui sono preposti organi specifici, mediante cui un essere vivente recepisce tali stimoli: i cinque sensi; (spec. pl.) impulsi legati all'istinto, alla sensualità: il piacere dei sensi
- Sentimento, coscienza, consapevolezza: es. senso di responsabilità, senso estetico, senso critico, senso comune, senso della misura, senso di colpa
- Significato di un'espressione linguistica, di un contenuto, di un vocabolo; svolgimento logico e coerente di un testo o di un comportamento; interpretazione di uno o più significati
- Direzione, verso; modo, maniera 


Sesso [sès-so] s.m.
- Insieme dei caratteri anatomici e fisiologici che contraddistinguono, all'interno di una specie, il maschio e la femmina
- Gli organi genitali
- (estens.) Tutto ciò che attiene all'attività sessuale



Questa volta voglio essere io a recepire, poi a dire la mia. Perciò lancio questa domanda:

Per te, qual è il senso del sesso?

giovedì 31 maggio 2012

Senso

Ma dove sei stato finora?
Avremmo fregato la corsa del tempo meschino,
che non ha mai risposto alle domande più coraggiose,
non ha mai lenito
le piaghe più dolorose.

Ora sei qui
e io non so più dove siamo
noi
che insieme siamo tutto
e diversi da tutto,
che insieme sappiamo essere lenti
e restare fermi,
anche più dello stesso tempo.

Raffaele Bifulco
20/03/2012



Mi dici che nulla ha un senso, per te. E che mentre cerchi il senso di quello che ti accade, non sai se devi scoprirlo o, invece, interpretarlo.

Dove risiede il senso di un’esperienza?

Mi chiedi che senso ha la tua vita. Ti chiedi perché sei come sei … e cerchi aiuto per capire il senso del tuo essere.

Che differenza c’è tra l’esistenza e l’essenza?

L’incontro delle persone, la conoscenza delle loro storie, la condivisione delle esperienze vissute significa, per me, entrare in contatto con le infinite forme della vita umana. E la vita umana non mi sembra prescindere mai dalle condizioni biologiche, ambientali e psichiche. Anzi, è in esse che si realizza. Mi sembra che il senso non può non essere che concreto. Riguarda l’unicità della persona, la singolarità del suo percorso, la specificità della situazione presente… e l’esclusività del potenziale che ogni individuo conserva in se stesso.

Il senso va scoperto, interpretato … o dato?

Dove sei stato finora, senso?
Mi servivi, quante cose avremmo fatto insieme! Senza di te sono stato inquieto, vagabondo, irrisolto.
Ma ora ci sei e con te ogni cosa è differente e coerente. Il mio passato trova una collocazione e il mio futuro è possibile.
La mia storia, come le storie dentro la mia storia, va oltre lo stesso tempo.

Non è il tempo di per sé a "guarire le ferite" o "dare le risposte". E' come il tempo viene utilizzato dalla persona! E capisco che le cose non sono quelle che sono ma quelle che diventano. E che io sono ciò che divento.


lunedì 30 aprile 2012

Poesia


Ogni vita merita un romanzo (Erving Polster, 1988) … esattamente come in ogni esperienza umana c’è dentro una poesia.

Ne faccio esperienza ogni volta che ascolto una persona raccontare se stessa. C’è poesia dentro le percezioni e gli incontri, nelle intuizioni e nell’immaginazione… dentro le pieghe di tutto ciò che viene declinato con le coniugazioni suggestive del proprio sentire, del proprio significare.

Indipendentemente dalle categorie di bello e di brutto, di piacevole e di doloroso, poesia è un modo particolare di guardare, di posare lo sguardo sulle cose, sulle persone, sugli accadimenti. Poesia è un modo particolare di esserci, nel mondo, con se stessi. Un modo particolare di sopravvivere ad una vita che sanguina di sofferenza o che brilla di fiducia… di ripensare al proprio percorso, di riscrivere l’esistenza stessa…


Poesia è un modo particolare di accorgersi di altre esistenze, di altri percorsi… di superare ferite e continuare a crescere, riscoprire la gioia ed innamorarsi ancora... Indipendentemente dai “chi” e dai “cosa”… anche prendendosi qualche licenza (poetica!) dai perché e dalle direzioni…

Una delle persona a me più care in questi giorni mi sta svelando un sacco di cose…sta male, gioisce, muore, rinasce, indugia, rivive il passato e si guarda allo specchio… e intanto cresce, scoprendo altri modi di innamorarsi…  di sé, della vita, degli altri…  quanta bellezza c’è in tutto questo, quanta poesia!


“La poesia non è fuori, è dentro! Cos’è la poesia? Non chiedermelo più, guardati allo specchio, la poesia sei tu! ... E scegliete, ‘che la bellezza è cominciata quando qualcuno ha cominciato a scegliere…Innamoratevi! Se non vi innamorate è tutto morto, morto tutto! Vi dovete innamorare e diventa tutto vivo, si muove tutto. Dilapidate la gioia, sperperate l’allegria, siate tristi e taciturni con l’esuberanza, fate soffiare in faccia alla gente la felicità! Questo è quello che dovete fare: per trasmettere la felicità bisogna essere felici… e per trasmettere il dolore bisogna essere felici… Siate felici! Dovete patire, stare male, soffrire… non abbiate paura di soffrire, tutto il mondo soffre…e se non vi riesce se non avete i mezzi, non vi preoccupate perché tanto per fare poesia una sola cosa è necessaria: tutto! E non cercate la novità, la novità è la cosa più vecchia che ci sia… buttatevi in terra, mettetevi così, eccolo qua, oooh! È da distesi che si vede il cielo, guarda che bellezza… perché non mi ci sono messo prima!? Avete capito, la poesia non è fuori, è dentro! Innamoratevi …questa è la bellezza!”

da "La tigre e la neve" 
di Roberto Benigni, 2005

E tu, dove scopri poesia nella tua vita?



giovedì 29 marzo 2012

Gioia

“ Che stupidi che siamo…
quanti inviti respinti,
quante parole non dette,
quanti sguardi non ricambianti!
Tante volte la vita ci passa accanto e noi non ce ne accorgiamo nemmeno …”



da “Le fate ignoranti”
di Ferzan Özpetek, 2001


La voce di Michele mi raggiunge spesso in questi giorni, mentre mi muovo dentro gli accordi che la accompagnano.

E rispondo: << Che abili che siamo a vivere il “nostro” dolore, da soli. Anche quando il dolore è finito, quando le condizioni che lo producevano sono finite. Che abili che siamo a proseguire monologhi che non si coagulano mai, a potare avanti un teatro la cui regia di luci e atmosfere, attori e ripetizione compulsiva dell’epilogo non è che nostra >>.

La voce di Michele mi raggiunge mentre l’aria cambia e le giornate diventano tiepide, più luminose… in quei pochissimi giorni in cui i mandorli sono diversi da tutti gli altri alberi. Per così pochi giorni! Che stupidi che siamo… per quante parole taciute, agli altri, a noi stessi. Che stupidi che siamo tutte le volte che vediamo solo noi stessi, ripiegati su noi stessi, mentre la vita ci sta guardando, ci sta invitando, ci sta passando accanto. E noi non ce ne accorgiamo nemmeno.

Cos’è la gioia?


Oggi non voglio né dare, né cercare risposte, ma lasciarmi raggiungere.

“Un progetto che sopprima almeno un dolore inutile e ridondante […] La gioia non è assenza del dolore […]non è nemmeno clamore. È sentire che esiste un proprio senso nel mondo e che senso si lega anche alla sofferenza propria e degli altri. Un modo di sentire le vita che è pur sempre vita […] La gioia è fatta di piccole cose, di sensazioni personali che si legano anche al passato, alla propria storia […] La gioia è una costruzione che si compie momento per momento nel coraggio della coerenza […] Quando vedo un bambino piangere e so che potrebbe ridere oppure guardare il mondo con meno paura, penso alla grandezza dei gesti minimi. Basterebbe considerarli attraverso la sensibilità di chi li riceve e non di chi li compie, insomma immaginarsi sempre in una relazione, in un dialogo […] La gioia di poter dare ciò che si è, e non ciò che si ha […] parte della nostra nudità”


da “Capire il dolore. Perché la sofferenza lasci spazio alla gioia”
di Vittorino Andreoli


Oggi voglio accorgermi dei motivi di gioia dentro la mia vita, della gioia di vivere…

… le parole che hanno Senso, per me, sono gioia.
Il profumo dei panettoni nel forno, che mi corre incontro insieme alla voce della mamma appena apro piano la porta di casa, nel cuore della notte.
È gioia cogliere il passaggio dall’azzurro al turchese, nel mare. E delle stelle cadenti con la coda lunga lunga.
Il gesto autentico di un amico, di chi mi svela il suo amore, di una persona ritrovata e cara.
Tutto ciò che è poesia, ovunque io riesca a vederne, mi da gioia.
La pena condivisa, che si trasforma in serenità, insieme.
Guardare il sole che accende di rosso vivo la tenda nella mia camera, che si stende sul mio letto nel pomeriggio, che sembra fermo durante il giorno ma, a tramontare, ci mette un attimo. E come spunta dall’acqua, visto dalle Tremiti.


È gioia avere in mente altri motivi di gioia che non riporto qui, e altri che non ho ancora conosciuto…


Oggi non dire altre parole se non quelle che, per te, sono motivo di gioia!

mercoledì 29 febbraio 2012

Crescere

Uomo che torni
Dopo giri immensi e tutto questo tempo,
Per ritrovarci qui.

Devo stringere gli occhi
Ma ti vedo,
Sei sempre tu.

Dentro quei gesti densi
E quelle parole zitte
Che ti raccontano più di quelle che ancora scegli
Come dote per l’unione.

Quante passioni si vivono in una vita intera?
Una soltanto, dici.

E l’abbiamo vissuta
Con tutto il male e con tutto il bene
Che ci ha fatto
Dentro.

E così siamo sempre gli stessi
E non più gli stessi,
Miracolosamente grandi.

E miracolosamente piccoli
Per ogni notte come questa,
Ogni lacrima che torna.

Raffaele Bifulco
28/02/2012



Conoscere se stessi è un’attività con un valore intrinseco: crescere. Conoscersi non è rappresentato da un modo passivo di guardare se stessi rispetto al mondo e nemmeno un modo obbediente per risultare più efficaci nello stare al mondo. Cedo sempre di più al pensiero che si tratti di una premura, quasi artistica, nel cesellare una relazione con se stessi che sa di trasparenza e, nel contempo, di resistenza.

E perché, poi?

La vita di relazione, con il mondo interiore ed esterno, spesso è … strana! Si muove in modo tutto suo. Che giri lunghi che fa e quanto tempo ci mette! E’ sorprendente! Come un padre che è lui a cercare te o come l’amore, che è sempre lui a trovare te. Come un’immagine riflessa di sé che, una sera, ti ricorda com’eri prima e ti racconta come sei ora. Come un miracolo in cui avverti che, fino in fondo, non ci credi … eppure non puoi fare a meno di sperarci… e pregarci.

Allora è inutile conoscersi, tanto la vita di relazione, con gli altri, con se stessi, va dove vuole lei!

E invece no, è fondamentale conoscersi, proprio per impedire a se stessi di controllare tutto o di manipolare, di trattenersi e di irrigidirsi, di sostare nel terrore o di scattare per impulso. È così importante riconoscersi per non svalutare la più piccola cosa che di importante c’è.

Ecco il senso: conoscersi per crescere. Per incontrare se stessi, diventare se stessi. Per incontrare la vita, in modo da viversi e viverla... diventare la vita.

... ... ...

Incredibile… si è cresciuti, diventati grandi, quando si può piangere, come quando eravamo piccoli.




martedì 31 gennaio 2012

Radici

Mentre il gelo mi bruciava
loro s'affondavano
e con l'afa che m'asfissiava
quelle s'estendevano.
Perchè servono a tutti, e a me di più,
radici così.

Radici ritrovate,
per stare in piedi
e danzare nel vento contrario,
radici impastate di terra,
per fiorire o solo reggere il peso
di chi s'appoggia, di me.

Raffaele Bifulco
03/02/2008







Non è un fatto comune conoscere se stessi. Può intimorire, sembrare complicato. Le resistenze maggiori sono sotterranee e riguardano la propria storia. Deludente, fatta di deprivazioni, meno fortunata di quella degli altri. Violenta, angosciante, più ingiusta di ogni ammissibile verità.




Il passato buio è ricordato come la più nera delle notti.



E poi archiviato, insabbiato, negato, come il più indicibile dei segreti. Sopravvissuti alla propria storia, si vive strenuamente il presente. Il futuro è il riscatto.




Una volta ho conosciuto una persona. Ogni volta che l'incontravo "era tutta lì". Piena, dedita, presente. Solo presente. Non si portava dietro nulla, non veniva da nessuna parte. Tracce vaghe, ricordi neutri, legami profondi negati. Tutto sembrava iniziare in quel momento, partire solo da quel luogo. Verso dove?



Non c'è un senso se non c'è una storia.



Radici come provenienza. Radici come appartenenza. Radici come solidità. Radici come identità. Radici come estensione di sè.




Dove sono le tue radici?