martedì 31 gennaio 2012

Radici

Mentre il gelo mi bruciava
loro s'affondavano
e con l'afa che m'asfissiava
quelle s'estendevano.
Perchè servono a tutti, e a me di più,
radici così.

Radici ritrovate,
per stare in piedi
e danzare nel vento contrario,
radici impastate di terra,
per fiorire o solo reggere il peso
di chi s'appoggia, di me.

Raffaele Bifulco
03/02/2008







Non è un fatto comune conoscere se stessi. Può intimorire, sembrare complicato. Le resistenze maggiori sono sotterranee e riguardano la propria storia. Deludente, fatta di deprivazioni, meno fortunata di quella degli altri. Violenta, angosciante, più ingiusta di ogni ammissibile verità.




Il passato buio è ricordato come la più nera delle notti.



E poi archiviato, insabbiato, negato, come il più indicibile dei segreti. Sopravvissuti alla propria storia, si vive strenuamente il presente. Il futuro è il riscatto.




Una volta ho conosciuto una persona. Ogni volta che l'incontravo "era tutta lì". Piena, dedita, presente. Solo presente. Non si portava dietro nulla, non veniva da nessuna parte. Tracce vaghe, ricordi neutri, legami profondi negati. Tutto sembrava iniziare in quel momento, partire solo da quel luogo. Verso dove?



Non c'è un senso se non c'è una storia.



Radici come provenienza. Radici come appartenenza. Radici come solidità. Radici come identità. Radici come estensione di sè.




Dove sono le tue radici?





18 commenti:

Anonimo ha detto...

Per mettere le ali, bisogna avere ben chiare le proprie radici...senza negarle, senza averne timore...perchè se le neghiamo penso sia perchè ci fa paura vedere realmente come sono le nostre radici per paura di essere simili...è doloroso conoscere bene sè stessi, faticoso, laborioso...accettarsi, accettare i nostri sbalzi, le nostre crisi,che temiamo vengano anche dalle nostre radici...per me è così, mi sembra un campo minato, ho paura di assomigliare tanto a quelle che sono le mie radici...invece accettare come è stato il nostro passato, a partire dalle origini e quindi dalle radici, ci fa capire quanto siamo diversi rispetto alle radici che abbiamo...la roccia da ricercare,per evitare la friabilità delle sabbie su cui camminare, senza origine certa e stabile da cui partire verso il futuro...Grazie, Raffaele! Nadia

CESARE ha detto...

Le radici.
Leggendo cio' che hai scritto e soprattutto guardando la foto che hai pubblicato in relazione a quanto dici, mi viene in mente cio' che mi raccontava un mio amico riguardo alla sua esperienza con i bonsai. Sosteneva che per lui, la parte piu' difficile da seguire era lo "sfoltire le radici". Io non immaginavo che la cura dei bonsai prevedesse anche lo sfoltimento delle radici, ma lui mi spiego' che quando si riduce la chioma, il bonsai non ha piu' bisogno di tutte quelle radici perche' mantenerle "operanti", sarebbe un costo di energie in piu' per la pianta e la affaticherebbe senza scopo. Relativamente a quanto lui mi disse riguardo i bonsai, mi viene in mente che spesso sento la gente usare l'espressione "tagliare i rami secchi" intendendo il chiudere situazioni non piu' portatrici di frutto ed ora, riflettendo sulle "radici" penso: forse per tutti noi e' piu' facile tagliare i rami secchi perche' sono "a vista", ma tante volte dovremmo fermarci e pensare anche allo "sfoltimento di certe radici" che non occorrono piu' al sostentamento dell'albero "io". In questo modo rafforzeremmo solo le radici "buone" e "nutrienti". Lascio questo interrogativo aperto soprattutto per me.
Ti ringrazio come al solito, caro Raffaele, per le belle riflessioni che sei da sempre in grado di far affiorare.

Mirtilla ha detto...

Dunque....ad una prima lettura mi son detta: il fatto che il mio albero sia così traballante è allora dovuto al fatto che le mie radici mi fanno da sempre schifo?
Ma leggendo il commento di Cesare ho trovato interessante il fatto di poter "sfoltire" le radici....forse potrei tagliare solo quello che mi fa proprio schifo schifo e cercare di salvare ciò che resta??
Pensi che sia una cosa che si può fare? E come?

raffaelebifulco ha detto...

Nadia, proprio ieri una persona mi diceva di aver letto un’intervista di una nota donna dello spettacolo, anche compagna e madre. Al di là della sua immagine sociale, è una ragazza che ha sofferto molto e che, parlando del suo passato, raccontava di averlo “superato” senza che in realtà fosse cambiato molto. Il buio ciclicamente ritorna, con dentro i suoi fantasmi e i suoi mostri. E lei – dice – ha imparato a conviverci. Io non so se sia vero. Ho pensato che fosse possibile. Ho pensato che c’è una sostanziale differenza tra l’adattarsi e l’evolversi. Le persone, profondamente, cambiano? E il significato che leggiamo dentro alle esperienze, cambiano le esperienze, profondamente?

FUMONE ha detto...

Cesare e Mirtilla,
da sempre provo a sfoltire le mie radici ma con il passare del tempo mi rendo conto che non è assolutamente facile.
Tagliare un ramo secco non è difficile perchè è una parte morta di noi.
Le radici invece sono sempre una parte viva e fresca quindi implica una notevole sofferenza che spesso non è facile da affrontare e superare.
Oggi ancora una volta mi trovo davanti ad un bivio e per potare tutti i rami secchi che mi sovrastano e mi gravano devo prima stringere le radici. Mai come adesso sto soffrendo ed ho paura di incidere troppo rischiando una sofferenza superiore a quelle già passate.
Non è facile farlo!

raffaelebifulco ha detto...

Sono io che ti ringrazio Cesare! Credo che hai colto uno dei significati più toccanti dell’immagine che ho scelto. Il rapporto tra la chioma e le radici è simbolo dell’armonia. Un rapporto che non è “dato” ma frutto di uno sguardo attento, di un lavoro mai casuale, di un impegno sentito. Come chi si prende cura di un bonsai, certo!

Immagino radici robuste e vive, espanse e piantate nel profondo della terra. Dal lato opposto, una chioma timida e che occupa solo in parte il suo spazio, poco generosa … che non dà ombra o frutti, che non sale verso il cielo. E ricordo tutte le persone che vivono ancorate al passato, aggrappate ai ricordi, rifugiate nelle certezze andate o vittime dell’indimenticabile. Persone che si proteggono. Persone che non osano. Che temono, che gridano in silenzio, che si vivono dentro. Persone verso cui non riesco ad avere uno sguardo esigente. Perché mi suscitano tenerezza.

Leggo tra le parole di Fumone e dentro i dubbi di Mirtilla e, con Cesare, anche io voglio lasciare un interrogativo aperto, anche per me: forse armonizzare l’albero “io”non è una mera razionalizzazione o un disegno estetico… e forse non equivale a potare “rami secchi” o “radici inutili”. Forse, prima di ogni altra cosa, significa usare amorevolezza, “prendersi cura” di sé.

NICOLINA ha detto...

E ricordo tutte le persone che vivono ancorate al passato, aggrappate ai ricordi, rifugiate nelle certezze andate o vittime dell’indimenticabile. Persone che si proteggono. Persone che non osano. Che temono, che gridano in silenzio, che si vivono dentro. Persone verso cui non riesco ad avere uno sguardo esigente. Perché mi suscitano tenerezza.

FORSE IO SONO UNA DI QUESTE PERSONE E SICURAMENTE NON MI SENTO FORTUNATA IN QUESTO. CHI OSA E' PADRONE DELLA PROPRIA VITA CHI NON TEME VIVE. QUESTO E' FORSE IL VERO SENSO PER NON ESSER NEMICI DI SE STESSI.NON C'E' ALBERO PIU' VERO E BELLO DI QUELLO DA LEI DISEGNATO

Pimboli ha detto...

molto bella come immagine quella del bonsai....rievoca in me molti pensieri....ma non concordo in questo contestocon tale confronto...se dovessi paragonarmi ad un bonsai sarebbe x me un'ulteriore sofferenza...Sfoltire radici x rafforzare una chioma che resta pur sempre misera elimitata nella propria crescita...sentirsi stretto in un vaso più piccolo del tronco...io mi sentirei come chiusa in una gabbia dove non ho nemmeno la facoltà di poter alzare le mani x nascondere agli occhi questo mondo che ai miei occhi appare sempre più povero e vuoto di tutto...E poi vi sembra giusto reprimere la maestosità di una quercia, con tutto il suo senso di protezione, con la percezione materna che ci regala,vi sembra giusto reprimerlo in un vaso 20x20???
non potrebbe sicuramente attingere nulla da quel pò di terreno che gli viene offerto...
Inoltre credo che non sia giusto sradicare le radici xkè finchè persistono nel tempo, esse tendono x natura a rafforzarsi, superando ogni sorta di tempeste, hanno una loro consistenza sviluppata seguendo un proprio tempo interiore...
Per quanto concerne il confronto con la chioma (mi riferisco ai rami tagliati) credo che i rami spesso vangono tagliati x dare vigore alla pianta, x rendere la pianta piena, ricca e luminosa!e comunque io vedo la chioma come il riflesso esteriore di noi...o meglio la chioma mi fa pensare alla capacità interiore di diramare i miei pensieri...mi fa pensare al mio cervello...o a uno schema mentale come si fa nella PNL...praticamente quello che c'è nel nostro cervello che poi si riflette esternamente con le foglie e con i fiori....insomma....a spiegarlo è più complicato di quanto pensassi...
Insomma, x me la struttura più importante non è tanto la chioma, nè esclusivamente le radici, ma il complesso e in particolare l'unione tra le radoci e la chioma....il tronco!!! questo siamo noi...il tronco!la stabilità che da esso ne deriva...l'intermediario tra le radici e la chioma...tra il nostro io ed il nostro apparire...sono sicura e ci credo fermamente che x avere una bella chioma...x essere belli dentro...bisognerebbe imparare ad accettare e rispettare le nostre radici...anke se, x me in primis, risulta essere molto complicato...
Il tronco come "unicum continuum" dalle radici rappresenta x me quell'equilibrio che tiene l'albero fermo, ancorato nel terreno, anke quando gli si abbattono contro tempeste violente....le mie radici(come penso anke quelle di ognuno di noi) dovrebbero essere la nostra famiglia...quella che avrebbe dovuto guidarmi, insegnarmi e darmi la mia stabilità....e invece sento spesso che mi manca quella resistenza...che fino ad oggi ha reso nomade il mio tronco...spesso in fuga di fronte alle tempeste...
Certo sono anke strane le mie radici...sto ancora cercando di capirle....
Mi sento un albero su Due fittoni, uno dei due più ramificato dell'altro....ma senza quello meno raamificato non mi sarebbe concessa l'esistenza....ecco....quale dei due riungraziare x la vita???e quale rimproverare di questa stessa vita che non ho mai chiesto ma che mi è stata sbattuta in faccia con arroganza e prepotenza senza farmi capire nulla???o forse facendomi capire tutto troppo velocemente fin dall'inizio????
...Continua...

Pimboli ha detto...

....Segue...
ecco che devo dare ragione a chi dice che noi siamo la conseguenza delle nostre radici...credo che siano proprio esse la causa maggiore dei miei malesseri...
Di sicuro se non fosse x esse oggi non sarei ciò che sono....esse rappresentano il tatuaggio del mio ego...e io mi manifesto nell'imperfezione della loro irregolarità...cos'altro dire????le mie radici...radci spesso odiate...ma mai rin negate....radici che mi hanno ferito e deluso....radici che avrebbero dovuto nutrirmi, ma che in realtà mi hanno tolto anke l'ossigeno...la linfa vitale...con tutte le conseguenze che ciò comporta...Le mie sono radici di una Donna che oggi aspira ad un equilibrio, alla stabilità, una donna che aspira alla perfezione....sono radici di chi ha voglia di riscattarsi, radici di chi ha commesso e continua a commettere gli umani errori...errori che diventano grandi dolori che ci si porta dentro e che, spesso, senza nemmeno volerlo, mostri agli altri pur tentando in ogni modo di nasconderli
E poi ci si ritrova continuamente a fare i resoconti....con gli occhi bassi....lo sguardo triste e perso...quel peso sul petto che logorapoco a poco anke la carne(o quel che ormai ne resta...)ma tutto questo ci mai potrà capirlo???
Continua ad esistere soltanto quel che brucia forte; il giudizio di chi non sa nulla ma che pretende di sapere, di fare i maestrini, i falsi amiciconfidenti distributori di consigli ancor più falsi, gli psicologi del cazzo senza laurea che pretendono di far valere i loro stupidi consigli...
la verità è che continua a bruciare tutto ciò che porto dentroe mi sembra andaqre in fumo ogni ideale di perfezione...sento frantumare tutto...Ho un idea di cosa siano le mie radici....e di dove siano...ma questo non mi aiuta...almeno non ancora.
oggi ho solo vpoglia di rimettermi in discussione, di dare uno schiaffo morale (anke a me stessa -che sono la prima ad essere troppo rigida e a pretendere troppo forse da me) e di RISCATTARMI!
iun realtà avrei ancora talmente tanto da dire che potrei scriverci su un libro...e x non diventare troppo prolissa(anzi lo sono già stata), come mio solito, mi fermo qui.
Ma voglio aggiungere solo una cosa:
i miei ringraziamenti a Raffaele xkè da quando ho incontrato lui nel mio percorso sto imparando a soffermarmi un pò e riflettere senza lasciarmi abbattere e totalmente invadere dal mio pessimismo; e spesso oggi, anke solo ragionandoci sotto più punti di vista riesco a vedere non solo il nero ma anke il bianco...e qualche volta riesco a trovare anke qualche risposta....il prossimo obbiettivo è quello di riuscire a vedere tutte le cromature dell'arcobaleno....voglio concludere con una domanda che mi sono posta da momento della lettura delle tue parole iniziali...C'è la possibilità x il mio tronco x trovare la stabilità e l'equilibrio che sto cercando da una vitae far fiorire finalmente la primavera sulla mia chioma???
Intanto ci ragiono un pò ank'io e poi ti farò sapere se sono riuscita a trovare una risposta!!!

Anonimo ha detto...

...Le radici...ho pensato tutta la notte a qst...e se il mio problema è non voler abbandonare le radici?...continuerò a pensarci, e magari troverò una risposta.
Da sola o insieme a Voi.

raffaelebifulco ha detto...

Nicolina, Pimboli… attraverso le radici (in senso psicologico) entra in circolo e si diffonde in tutto l’albero una linfa … che non sempre, però, è vitale. Nel senso che non sempre produce “vita”.

Se ammettiamo che essere biologicamente in vita non equivale necessariamente a “sentirsi vivi”, ovvero percepire in se stessi la gioia di essere vivi, immagino sia importante, per una persona, capire di che cosa si nutre. Anche attraverso le sue radici.

Lo dico a me stesso, prima di ricordarlo a voi, all’anonimo che dubita di “non voler abbandonare le radici” e a chiunque avverte che questo aspetto abbia un senso per lui/lei: il “nutrimento” può anche essere tossico, non dimentichiamolo! Il riconoscimento delle proprie radici richiede - come già dicevo – uno sguardo amorevole sul proprio passato, con tutte le esperienze, gli incontri e le sofferenze che contiene. Ma non subirne nel presente le conseguenze, in modo passivo. Tutt’altro!

Prendersi cura delle proprie radici serve ad amarsi anche nelle proprie ferite e riuscire a vedersi belli.

Prendersi cura delle proprie radici serve ad accogliere tutte le cose buone del passato, che non vediamo né in noi, né intorno a noi.

Prendersi cura delle proprie radici serve a riconoscere che non siamo più laggiù, chissà dove, ma siamo qui, ora. Così possiamo veramente “vedere”. Così possiamo veramente “scegliere”.

Persino, nonostante i limiti, come voglio essere.

Raffaele

Cesare ha detto...

Ho letto e riletto tutte le riflessioni. E la cosa che piu' mi resta, caro Raffaele, e' quel tuo "prendersi cura". Penso che a volte il concentrarci su quelle che sono le radici/il tronco/l'albero (per continuare la metafora) abbia un rovescio della medaglia: portarci fuori da se stessi. Esempio pratico in cui mi riconosco:"e'colpa delle mie radici se sono cosi'"/"e' colpa del fatto che io non sia riuscito a tagliare i rami secchi se sono cosi'". In realta', per far andare d'accordo radici/rami/tronco, basta che ci ascoltiamo. Le piante (l'esempio piu' lampante sono le piante grasse) hanno un'intelligenza biologica che permette loro di regolare tutto cio'. E questo per me diventa da oggi impegno: ascoltare di piu' me stesso, prendermi maggiormente cura di me, per arrivare dal dentro a governare un esterno che esiste non solo in funzione di me. Nella ricerca dell'equilibrio.

NICO ha detto...

NELLE MIE RADICI C'E' TANTA VOGLIA DI AMORE E DI AMARE.DIVENTA SEMPRE PIU'GRANDE E IL DESIDERIO DI MANIFESTARSI E' IMMENSO. VORREI GRIDARE IN UNA VALLE AFFINCHE'L'ECO PORTI LE MIE PAROLE A TUTTI. HO VOGLIA DI AMARE PERCHE' SENTI CHE SOLO COSI' QUELLA CHIOMA DIVENTA FOLTA E SPLENDENTE, HO VOGLIA D' AMARE PERCHE' SOLO COSI'L'ALBERO RESTERA' PER SEMPRE VIVO. HO VOGLIA DI LASCIARE A CHI RESTERà DOPO DI ME UN IMMENSO PATRIMONIO, L'AMORE PER LA VITA CHE Dà LA VITA. VORREI AMARE PER ESSER LIBERA, PER CRESCERE, E PERDERMI CON UN'ALTRA ANIMA DIVENTANDO UNA SOLA LUCE. GIà QUELLA LUCE CHE TI DA' LA FORZA E LA VOGLIA DI SUPERARE TUTTO, COSI' QUELL' ALBERO NON MORIRA' MAI E ANCHE SE UN GIORNO VERRA' TAGLIATO RESTERA' PER SEMPRE NEL CUORE DI CHI HA AVUTO LA FORTUNA DI GUARDARLO E SENTIRLO. L'AMORE L'UNICO SENSO DELL'ESISTENZA DELL'ALBERO

Anonimo ha detto...

Continuo a credere che questo sia il vero nodo... forse la mia sembrerà una considerazione "presuntuosa", "saccente", essendo io peraltro una profana assoluta della materia. Ma certo credo di sapere bene cosa significhi non avere un passato da raccontare, delle radici di cui andare fieri, anni della formazione che è più facile nascondere, anche a se stessi. Perché le radici non sono soltanto il luogo in cui affondiamo la nostra identità, da cui parte la crescita di ognuno di noi. Non sono soltanto il fulcro del nostro nutrimento interiore, nel quale rintracciare l'origine del presente e le ragioni delle nostre scelte, o, in alcuni casi, delle non-scelte. Sono un groviglio di errori, di eventi traumatici, di drammi che non si sono riconosciuti ma che restano avviluppati al centro dei nostri ricordi, che infettano il presente. E spesso non si possono neanche recidere, perché facendolo si toglierebbe linfa vitale a un elemento che ormai è parte integrante dell'insieme che siamo, in cui ci riconosciamo. E anche quando si tenta di allontanarsi, di dimenticarle, di trovare fonti di nutrimento alternative c'è sempre un filo, anche sottilissimo, che ci stringe la caviglia e non ci fa muovere, non ci fa oltrepassare un certo limite, che poi, a guardare bene, sarebbe il limite necessario per spiccare il volo... Continuo a girarci intorno caro dottore, ma alla fine mi rifugio sempre in queste parole così sottili e così taglienti, quasi affilate, oserei dire... Di quelle che arrivano dirette a quella piaga coltivata a fiele... non resta che abbandonare l'amarezza e sciogliersi in un sorriso "assoluto", sciolto, immediato! Grazie

raffaelebifulco ha detto...

Nico, chissà perché delle tue parole mi rimane la descrizione del tuo grido d’amore, un grido che arrivi a tutti... come il desiderio di perderti, che richiede l’abbandono... e la fiducia, quella con la “F” maiuscola.

E mi rimane pure il tuo “condizionale”… è un grido taciuto? E’ una luce sola immaginata? Tu dici che “l’amore è l’unico senso dell’esistenza”!

raffaelebifulco ha detto...

Anonimo, chi sei? E chi è il "groviglio"? Una mera addizione di errori, traumi, piaghe e drammi?

Vista da qui, sembra quasi che tu parli di te come di una operazione, di una sommatoria. La tua storia appare solo come una catena di vincoli, il tuo presente non è più di un’infezione dovuta ai ricordi, la tua identità risulta il luogo dove si realizza la non-libertà.

Risuona in me un motivo che mi suggerisce che la "caviglia" ha parole da dire, non solo legacci da subire (e i legacci, pur se derivano dai legami, sono diventati qualcosa di intrinsecamente diverso!) … che il tuo "limite" ha sogni da raccontare, non solo amarezze da immortalare (e la morte, ho imparato anche io con orrore, sa anche essere molto viva!) …

Se mi vuoi raccontare questo, io non ti voglio credere, non ti credo. Non sei solo questo, né nell’attuale, né nel potenziale.

Accolgo il tuo sorriso, con tutto il suo fiele, che conosco anche io. E accolgo anche l’altro volto del tuo sorriso. Lo vedo quel volto. Il volto della trasparenza, il volto della serenità, il volto del volo. Tutti i volti che puoi avere. Tutta la donna che puoi essere

nico ha detto...

Per far diventare quella 'f' in maiuscolo devo partire dalle mie radici.Gia' io sono stata sempre come una quercia forte e solitaria ma non e' questa la realta', io sono un salice che ha avuto sempre bisogno di stare vicinO ad un fiume per fare in modo che le radici si nutrano e crescano con una gran chioma per poi ospitare altri esseri viventi.Questo e' il mio grido d' amore, noi siamo proprio come le piante abbiamo bisogno della luce e dell' acqua per vivere fino in fondo. Amo la vita spero solo di non dimenticarlo mai altrimenti non esistera' nessun albero e restera' solo un mucchio di foglie bagnate. Grazie e' sempre bello quando qualcuno ascolta.

cristina ha detto...

Bellissimo esempio che ha fatto Cesare! Tagliare le radici vecchie che non servono più. Non so gli altri, ma io personalmente tendo a conservarle le radici vecchie anche se non mi servono...è come se mi dessero un’identità. Ma è vero anche che se non mi libero da queste foglie vecchie avrò difficoltà a crescere.
Nadia dice bene sul fatto che bisogna conoscere bene le radici e accettarle, anche se sono brutte. Credo che la potatura ci deve stare ma solo nel momento in cui si è raggiunto la consapevolezza di aver capito che non servono più quelle radici "vecchie" perché comporterebbe solo un "costo di energia" (come scrive Cesare) maggiore per poter crescere e mettere buone frutti.

Quindi , se non erro ci vuole questo passaggio:

CONSAPEVOLEZZA-> ACCETTAZIONE che ti porta al prossimo passo-> AGIRE -> CORRAGGIO a SFOLTIRE (CRESCERE PER DAR FRUTTI BUONI).

Voi condividete?

Grazie per queste riflessioni Raffaele!