
Molte persone, nella necessità di un aiuto per problematiche personali si rivolgono ad amici, sacerdoti, medici, catechisti, insegnanti, figure che possono ricoprire un ruolo di riferimento in un contesto istituzionale o associazionistico (ospedali, scuole, croce rossa, scout, ecc.).
Chi si rivolge, invece, allo psicologo?
Vediamo se ti riconosci!
Il “cliente tipo” è adulto, ha tra i 25 ed i 45 anni, appartiene ad una classe media o alta, per istruzione o livello socio-economico. Generalmente ha già familiarizzato con la psicologia, magari perché curioso, ne è venuto a contatto tramite i mass-madia o l’ha studiata. Frequentemente conosce qualcuno che si sia rivolto ad un psicologo o ad uno psicoterapeuta e, soprattutto, accusa uno disagio che potremmo definire “esistenziale”. Il cliente medio, infatti, può manifestare disturbi clinici circoscritti ma, il più delle volte, soffre di sintomatologie miste connesse a “crisi” evolutive e di adattamento nelle più svariate circostanze (es: difficoltà di inserimento scolastico in età infantile, conflitti familiari in adolescenza, lutti, malattie, condizioni di stress, crisi coniugale, ecc.) e dimensioni della propria vita (es: affettività, lavoro, famiglia, sessualità, interessi, ecc.).
Quando vengo contattato per una consulenza o per un percorso psicoterapeutico si concorda insieme il “primo appuntamento”. È un momento importante, che può assumere sfumature molto diverse da persona a persona. Dal mio punto di vista percepisco ogni volta cose e sfumature molto diverse. Ed è importante anche un altro aspetto: prendersi tempo per scegliersi reciprocamente.
Affidarsi non è un automatismo.
E seguire una persona significa avere uno spazio apposta per lei. Uno spazio interiore, in cui desidero accoglierla, avere sempre in mente qual è la sua storia e dove si trova in ogni momento del suo percorso. Tenerla. Stare con lei e sostare. Muoversi ed attraversare ogni necessaria esperienza. Crescere insieme.
Ai primi contatti le immagini che mi restituiscono le persone su come immaginano lo psicologo e lo psicoterapeuta corrispondono, il più delle volte, ad un dottore freddo e distaccato, che ti “scruta” dentro senza farti capire niente, che ha il potere di farti sentire insicuro e dipendente da lui, che ti fa sdraiare e ti fa parlare, che ti lascia intendere che, da qualche parte nella tua testa, esiste un mondo ignoto anche a se stessi, in cui di pensa, si desidera e si sarebbe capaci di compiere qualunque tipo di azione!
Ognuno si porta dentro un modo di rapportarsi allo psicologo, che possiamo raggruppare secondo questi stereotipi:
psicologo-confessore, guida spirituale, guru
psicologo-medico, farmacista, guaritore
psicologo-padre, risolutore di problemi, protettore
psicologo-amico, confidente, complice
psicologo-mago, veggente, oracolo
psicologo-madre, centro di accoglienza, lampada di Aladino
Cosa ti evocano queste immagini? Anche se a primo acchito non ti toccano, se ti ci soffermi potresti riconoscerti in una o più modalità. Ripensando a cosa sia effettivamente la psicoterapia, questi archetipi possono risultare molto distanti da quanto accade nel setting terapeutico… ma a volte anche no!!! Come si svolgerebbe una seduta se mi rapportassi allo psicologo come fosse un contenitore in cui svuotarmi? O, diversamente, se egli stesso si rapportasse a me considerandosi una specie di sciamano dei tempi moderni? Sono disponibile per domande ed approfondimenti. Proviamo a rifletterci insieme…
E tu, quando pensi allo psicologo, a quale di questi modelli tendi a rifarti?
Ne hai, invece, in mente un altro?
Vuoi raccontare come immagini o ricordi il tuo “primo appuntamento”?
Chi si rivolge, invece, allo psicologo?
Vediamo se ti riconosci!
Il “cliente tipo” è adulto, ha tra i 25 ed i 45 anni, appartiene ad una classe media o alta, per istruzione o livello socio-economico. Generalmente ha già familiarizzato con la psicologia, magari perché curioso, ne è venuto a contatto tramite i mass-madia o l’ha studiata. Frequentemente conosce qualcuno che si sia rivolto ad un psicologo o ad uno psicoterapeuta e, soprattutto, accusa uno disagio che potremmo definire “esistenziale”. Il cliente medio, infatti, può manifestare disturbi clinici circoscritti ma, il più delle volte, soffre di sintomatologie miste connesse a “crisi” evolutive e di adattamento nelle più svariate circostanze (es: difficoltà di inserimento scolastico in età infantile, conflitti familiari in adolescenza, lutti, malattie, condizioni di stress, crisi coniugale, ecc.) e dimensioni della propria vita (es: affettività, lavoro, famiglia, sessualità, interessi, ecc.).
Quando vengo contattato per una consulenza o per un percorso psicoterapeutico si concorda insieme il “primo appuntamento”. È un momento importante, che può assumere sfumature molto diverse da persona a persona. Dal mio punto di vista percepisco ogni volta cose e sfumature molto diverse. Ed è importante anche un altro aspetto: prendersi tempo per scegliersi reciprocamente.
Affidarsi non è un automatismo.
E seguire una persona significa avere uno spazio apposta per lei. Uno spazio interiore, in cui desidero accoglierla, avere sempre in mente qual è la sua storia e dove si trova in ogni momento del suo percorso. Tenerla. Stare con lei e sostare. Muoversi ed attraversare ogni necessaria esperienza. Crescere insieme.
Ai primi contatti le immagini che mi restituiscono le persone su come immaginano lo psicologo e lo psicoterapeuta corrispondono, il più delle volte, ad un dottore freddo e distaccato, che ti “scruta” dentro senza farti capire niente, che ha il potere di farti sentire insicuro e dipendente da lui, che ti fa sdraiare e ti fa parlare, che ti lascia intendere che, da qualche parte nella tua testa, esiste un mondo ignoto anche a se stessi, in cui di pensa, si desidera e si sarebbe capaci di compiere qualunque tipo di azione!
Ognuno si porta dentro un modo di rapportarsi allo psicologo, che possiamo raggruppare secondo questi stereotipi:
psicologo-confessore, guida spirituale, guru
psicologo-medico, farmacista, guaritore
psicologo-padre, risolutore di problemi, protettore
psicologo-amico, confidente, complice
psicologo-mago, veggente, oracolo
psicologo-madre, centro di accoglienza, lampada di Aladino
Cosa ti evocano queste immagini? Anche se a primo acchito non ti toccano, se ti ci soffermi potresti riconoscerti in una o più modalità. Ripensando a cosa sia effettivamente la psicoterapia, questi archetipi possono risultare molto distanti da quanto accade nel setting terapeutico… ma a volte anche no!!! Come si svolgerebbe una seduta se mi rapportassi allo psicologo come fosse un contenitore in cui svuotarmi? O, diversamente, se egli stesso si rapportasse a me considerandosi una specie di sciamano dei tempi moderni? Sono disponibile per domande ed approfondimenti. Proviamo a rifletterci insieme…
E tu, quando pensi allo psicologo, a quale di questi modelli tendi a rifarti?
Ne hai, invece, in mente un altro?
Vuoi raccontare come immagini o ricordi il tuo “primo appuntamento”?