giovedì 7 agosto 2008

Psicologo

Molte persone, nella necessità di un aiuto per problematiche personali si rivolgono ad amici, sacerdoti, medici, catechisti, insegnanti, figure che possono ricoprire un ruolo di riferimento in un contesto istituzionale o associazionistico (ospedali, scuole, croce rossa, scout, ecc.).

Chi si rivolge, invece, allo psicologo?

Vediamo se ti riconosci!

Il “cliente tipo” è adulto, ha tra i 25 ed i 45 anni, appartiene ad una classe media o alta, per istruzione o livello socio-economico. Generalmente ha già familiarizzato con la psicologia, magari perché curioso, ne è venuto a contatto tramite i mass-madia o l’ha studiata. Frequentemente conosce qualcuno che si sia rivolto ad un psicologo o ad uno psicoterapeuta e, soprattutto, accusa uno disagio che potremmo definire “esistenziale”. Il cliente medio, infatti, può manifestare disturbi clinici circoscritti ma, il più delle volte, soffre di sintomatologie miste connesse a “crisi” evolutive e di adattamento nelle più svariate circostanze (es: difficoltà di inserimento scolastico in età infantile, conflitti familiari in adolescenza, lutti, malattie, condizioni di stress, crisi coniugale, ecc.) e dimensioni della propria vita (es: affettività, lavoro, famiglia, sessualità, interessi, ecc.).

Quando vengo contattato per una consulenza o per un percorso psicoterapeutico si concorda insieme il “primo appuntamento”. È un momento importante, che può assumere sfumature molto diverse da persona a persona. Dal mio punto di vista percepisco ogni volta cose e sfumature molto diverse. Ed è importante anche un altro aspetto: prendersi tempo per scegliersi reciprocamente.

Affidarsi non è un automatismo.

E seguire una persona significa avere uno spazio apposta per lei. Uno spazio interiore, in cui desidero accoglierla, avere sempre in mente qual è la sua storia e dove si trova in ogni momento del suo percorso. Tenerla. Stare con lei e sostare. Muoversi ed attraversare ogni necessaria esperienza. Crescere insieme.

Ai primi contatti le immagini che mi restituiscono le persone su come immaginano lo psicologo e lo psicoterapeuta corrispondono, il più delle volte, ad un dottore freddo e distaccato, che ti “scruta” dentro senza farti capire niente, che ha il potere di farti sentire insicuro e dipendente da lui, che ti fa sdraiare e ti fa parlare, che ti lascia intendere che, da qualche parte nella tua testa, esiste un mondo ignoto anche a se stessi, in cui di pensa, si desidera e si sarebbe capaci di compiere qualunque tipo di azione!

Ognuno si porta dentro un modo di rapportarsi allo psicologo, che possiamo raggruppare secondo questi stereotipi:

psicologo-confessore, guida spirituale, guru
psicologo-medico, farmacista, guaritore
psicologo-padre, risolutore di problemi, protettore
psicologo-amico, confidente, complice
psicologo-mago, veggente, oracolo
psicologo-madre, centro di accoglienza, lampada di Aladino

Cosa ti evocano queste immagini? Anche se a primo acchito non ti toccano, se ti ci soffermi potresti riconoscerti in una o più modalità. Ripensando a cosa sia effettivamente la psicoterapia, questi archetipi possono risultare molto distanti da quanto accade nel setting terapeutico… ma a volte anche no!!! Come si svolgerebbe una seduta se mi rapportassi allo psicologo come fosse un contenitore in cui svuotarmi? O, diversamente, se egli stesso si rapportasse a me considerandosi una specie di sciamano dei tempi moderni? Sono disponibile per domande ed approfondimenti. Proviamo a rifletterci insieme…


E tu, quando pensi allo psicologo, a quale di questi modelli tendi a rifarti?
Ne hai, invece, in mente un altro?
Vuoi raccontare come immagini o ricordi il tuo “primo appuntamento”?


10 commenti:

nadia67 ha detto...

Ciao Raffaele.
Pensando allo psicologo ed allo psicoterapeuta mi soggiunge un'immagine di "esperto in materia", con il quale confrontarsi e dal quale ricevere suggerimenti, per non incorrere nelle ripetizioni dei medesimi errori comportamentali.Ovviamente, come dici tu, è fondamentale il rapporto di fiducia e l'affidarsi in maniera totale al terapeuta, sentendosi sempre completamente a proprio agio e mai imbarazzati!Un saluto Nadia

bianca ha detto...

All’inizio di tal esperienza non sai realmente cosa ti aspetti e chi ti trovi davanti, allora tendi ad essere diffidente verso lo psicologo, perché si associa, di solito, alla figura di uno psichiatra, ossia colui che vuole entrare nella tua testa per vedere se sei pazza o no. È una sensazione brutta! Ma se riesci a trovare un buono psicologo/psicologa, allora tali sensazioni svaniscono dopo già due o tre sedute.
Per buono psicologo/psicologa, intendo quella persona che ti mette a proprio agio e non ti fa sentire che sei una pazza, ma una persona cui ha bisogno di un sostentamento psicologico per vivere più serenamente la propria vita.
Continuando la psicoterapia, lo psicologo/psicologa diventa un tuo amico/amica e confidente cui poter dire qualsiasi cosa, perché hai raggiunto la massima fiducia.
Io personalmente vedo lo/la psicologa/psicologo come un/una padre/madre, risolutore/risolutrice dei problemi e protettore/protettrice. Ma anche un/una tuo/tua amica/amico.
Ho imparato, per la mia esperienza, che, però, lo psicologo/psicologa deve esserti un medico guaritore, perché se diventa un tuo amico/amica o, padre/madre, non riesci a seguire costantemente le indicazioni che lui/lei ti dà. Il medico è come un/una maestra/maestro, lo/la devi ascoltare e basta perché altrimenti non avrai mai risultati positivi. Ad un tuo/tua amico/amica o padre/madre non sempre si ascolta. Al medico tendi di più ad ascoltarlo/la perché, in ogni caso, è una persona più esperta; certo, però, non deve essere rigido ma deve poter adeguarsi alla persona che si ritroverà di fronte per aiutarla. La rigidità ti fa scappare, la docilità ti rassicura e quindi ti fa avvicinare. In conclusione lo/la psicologo/psicologa deve essere un medico guaritore docile.

raffaelebifulco ha detto...

Ciao Bianca! Hai ragione, incontrare uno psicologo in gamba è fondamentale!
A mio avviso non si tratta solo di conoscenze e di tecnicalità acquisite in anni di studio. Uno psicoterapeuta valido è una persona che ha navigato i propri mari. Che ha affrontato maree, burrasche, venti contrari, mostri marini, calma piatta, tsunami e quant’altro la vita ti può riservare. E che soprattutto, nel viaggio, ha maturato la propria “persona”.

E ciao anche a te Nadia! … grazie del tuo contributo. La visione dello “psicologo-esperto in materia” è adeguata, molto corretta: è un ottimo riferimento alla professionalità dello psicoterapeuta e al riconoscimento delle sue competenze. In più la visione dello “psicologo-esperto in materia” definisce in modo preciso il fatto che egli ha un ruolo definito. Che non è un sostituto genitoriale, affettivo o magico!

La relazione terapeutica ha una sua intrinseca specificità! È fondamentale un desiderio genuino di cambiare, un atteggiamento autentico di confronto e ascolto, una disponibilità sincera di costruire un rapporto di fiducia (anche se sofferta nell’affidarsi).

Che tipo di rapporto è quello che si crea con il proprio terapeuta? Secondo voi è un rapporto alla pari? È un rapporto di dipendenza o di autonomia? Quanto può durare? E come si modifica e si evolve?

Anonimo ha detto...

" seguire una persona significa avere uno spazio apposta per lei. Uno spazio interiore, in cui desidero accoglierla, avere sempre in mente qual è la sua storia e dove si trova in ogni momento del suo percorso. Tenerla. Stare con lei e sostare"

E' molto bello.....


Della mia prima seduta ricordo ben poco ma ricordo molto bene che il mio terapeuta è stato x me padre e madre fino a quando non sono cresciuta ed ho imparato ad essere padre e madre di me stessa.
Ora che viaggio più o meno da sola so che c'è sempre un porto quando la tempesta ha fatto troppi danni...un porto da cui ripartire e in cui tornare ogni volta che ne ho bisogno.... Liolà

raffaelebifulco ha detto...

Quanta intensità nelle tue parole Liolà! Mi hai lasciato senza... e con tanta emozione nel cuore.

Che bel viaggio che racconti. Il terapeuta come porto sicuro, che ti aiuta a maturare le capacità di amarti e prenderti cura di te - come madre - e di proteggerti ed eplorare - come padre.

Mi evochi signifcati importanti: fiducia e speranza, sicurezza e forza d'animo. Grazie!

raffaelebifulco ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
volùtus ha detto...

..avere una persona a cui appigliarsi sentirsi sollevati se pesanti ricordi si affollano nella tua testa con una cronicità spaventosa..sapere che c'è che ti ascolta che sa di te che ti conosce e che all'occorrenza,se ti senti persa,sola,abbandonata o devastata,lui è pronto a lavare il tuo dolore,le tue angosce le tue paure che vorticosamente vorrebbero risucchiarti..sapere che è come un amico a cui puoi chiedere un abbraccio se le tue braccia in un momento sono diventate troppo piccole per raccogliere le tue lacrime..così taglienti,così inopportune..è una minuscola luce in una stanza graffiata dal buio,sei tu che ti guardi dentro ma stringi tra le mani un filo che ti riconduce in superficie là..dove tutto è più chiaro più terribilmente vero..quel solo sottilissimo filo non ti fa perdere nell'abisso dei tuoi pensieri dove è facile perdersi..c'è lui che ti aiuta a rialzarti.

raffaelebifulco ha detto...

Ciao Volutus!

Ho letto il tuo post poco dopo ma ho voluto prendermi un po’ di tempo per accoglierlo e lasciarlo risuonare in me. Ci regali una testimonianza che, come un intreccio di braccia, tocca diversi livelli dell’esperienza umana. Emotiva e cognitiva. Immaginativa e anche corporea. Ma infatti la vita, quando la vivi appieno, è così!

Anche quando vivi appieno la relazione terapeutica sperimenti continuamente questo: un ritorno consapevole alla tua storia e un movimento attivo verso il tuo futuro che abbraccia tutti i livelli dell’esperienza. Un viaggio circolare che ogni volta attraversa quello che è stato mentre affronta quello che può essere. Un viaggio che si compie proprio attraverso la capacità di fidarti del compagno che ti sei scelto per questo viaggio speciale. La tua fiducia, Volutus. La tua fiducia nell’altro. Il terreno migliore dove può fiorire una relazione autentica, dove puoi fiorire tu! Che dono speciale!

Viola ha detto...

Mi piace pensare allo psicologo come ad un Virgilio che ti porta in viaggio attraverso l'inferno......ma in paradiso puoi andarci solo da solo! Molto dipende da noi, lo psicologo può darti gli strumenti per attingere alle tue risorse interiori, ma il lavoro devi farlo tu, con fatica, dedizione e amore per te stesso. Secondo me se mancano tali presupposti ogni lavoro terapeutico è destinato a fallire!

raffaelebifulco ha detto...

Esatto Viola!
Lo psicoterapeuta nella relazione d’aiuto svolge una funzione di attivatore delle energie, di mediatore dei conflitti interni, di facilitatore nell’utilizzo delle abilità personali e relazionali.
Mostra, indica, guida, sostiene, suggerisce, supporta … aiuta a sviluppare sicurezza, fiducia e curiosità perché sia l’altro a compiere il proprio percorso.

Per parlare del paradiso, forse tu hai sperimentato cosa significa farsi qualche giretto … o meglio “girone” laggiù in fondo?!?!
Ti dirò, nella mia esperienza non sempre il profondo cela tormenti angosciosi e dannazioni eterne. Certamente ci sono persone che vivono drammi molto amari, ma ci tengo a sottolineare, soprattutto per chi non conosce la psicoterapia o immagina che rivolgersi ad un psicologo sia una scelta “troppo forte”, che il lavoro “terapeutico” (appunto!) non è come sale sulle ferite ma è un balsamo lenitivo, che da sollievo …
Anche nei casi più delicati, il male maggiore è tenere tutto per sé o restare invischiati in rapporti malsani. Ciò che fa bene, che cura, che fa evolvere le proprie sofferenze, che fa sviluppare i limiti percepiti … è la Relazione!

Ho visto che questo tema ha avuto molte risonanze. Mi avete suggerito il tema per il prossimo articolo. Conto di pubblicarlo prestissimo. Ma soprattutto grazie a tutti per la vostra significativa presenza!