venerdì 11 aprile 2008

Relazioni affettive



…ho impiegato un po’ di tempo ad accertarmi di cosa si parli esattamente quando ci si riferisce alle relazioni affettive. Si possono intendere ambiti particolari che vanno dalla “prima storia d’amore” (classicamente la relazione madre-figlio!) ai rapporti tra adulti , focalizzandosi sui temi o dell’amore o della sessualità.

In questo contesto, con maggiore congruenza con la definizione di “relazioni affettive”, voglio riferirmi a tutti i rapporti interpersonali che sono connotati da un legame di attaccamento. La prospettiva si allarga e se ognuno di noi pensa a quante persone vuole bene (e viceversa) si riscopre in una rete di relazioni affettive.

Ma cosa “definisce” una relazione affettiva? Quando pongo questa domanda, raccolgo facilmente risposte affini tra loro: “i sentimenti di amore”, “il rispetto”, “poter contare sulla presenza dell’altro”, “aprirsi e comprendersi a vicenda”, “sentirsi uniti e stare bene insieme”…

Queste risposte sono piacevoli conferme, per me. Dimostrano le chiare idee che, almeno sul piano della conoscenza, le persone manifestano su come dovrebbero essere le relazioni affettive! Sul piano della pratica, però, può verificarsi anche altro. Le risposte sopra riportate focalizzano alcune modalità (soltanto tra quelle positive) che possono caratterizzare una relazione affettiva, indipendentemente che si tratti di un rapporto tra genitori e figli, amici o partner.

Io ritengo che vi sia una relazione affettiva tra due persone quando sussiste una connessione di interdipendenza sul piano relazionale e sul piano emotivo. In questo senso va considerato che due persone possono essere collegate da un legame di attaccamento in modo gratificante. Ma può anche accadere che la relazione sia stata positiva un tempo e che nel presente non lo sia più! Può trattarsi di un "periodo" o di una vera e propria evoluzione del rapporto. Questo è spiacevole ma ne facciamo tutti esperienza quotidianamente.

Nella vostra esperienza, quando il rapporto con il genitore, l’amico o il partner è sfibrato e le emozioni prevalenti sono di rabbia, insofferenza o avversione, ritenete di avere ancora una “relazione affettiva” con quella data persona?

Diversamente dalla precedente domanda, a questa ricevo invece risposte molto discrepanti. Molti non ne sono più così sicuri o riferiscono di non sentirsi più legati! “Legati” positivamente, aggiungerei!

Infatti, per autodifesa, tendiamo a prendere le distanze dagli altri, emotivamente e fisicamente. Nella vita vissuta capita a tutti che le relazioni su cui facciamo affidamento presentino dei lati spiacevoli (pochi o molti) che comportano confusione, noia, ansia, conflitto interiore o insicurezza.

In effetti le relazioni nascono, crescono e possono evolversi in modo diverso dalle nostre aspettative.

A volte lo avvertiamo lentamente. Ogni giorno un po’.

A volte ce ne accorgiamo improvvisamente. In un solo giorno tutto insieme.

Comunque, quando ce ne accorgiamo, qualcosa è cambiato!

Ma, secondo voi, questa consapevolezza, quando arriva, è sufficiente a farci sottrarre dalla relazione con l’altro?

Non ho più un legame con mia madre”, “Più niente tra me e mia moglie!”, “Mi sono distaccata da mia figlia”, “Non sono certo legata al mio ragazzo”, “Non c’è mai stato rapporto con mio padre”, “Proprio il mio migliore amico…mi ha deluso!”…

Continuamente si ascoltano frasi così. Un ascolto attento rivela che le persone sono arrabbiate o inquiete, dure o mortificate, chiuse o aggressive, più di quanto non diano a vedere. In verità le relazioni affettive si trasformano, in bene o in male, perché i singoli individui si evolvono con le fasi della vita, con il contesto e con le esperienze. Occorre questa consapevolezza per risparmiarsi qualche amara ferita. Quando questa manca, possono prevalere atteggiamenti rigidi, tesi a cristallizzare i rapporti. Così le relazioni affettive rischiano di diventare delle “gabbie che imprigionano” e “trappole che vincolano”. Per contro in molti reagiscono con atteggiamenti leggeri, mirati a non legarsi nei rapporti affettivi. In questo modo neanche si stabiliscono contatti autentici e nelle relazioni ci si sta “ad intermittenza”.

Le parole che ho per incoraggiare è che le relazioni affettive vanno costruite con flessibilità, come un abito cucito addosso a quattro mani con tessuti elastici che si adattano alle differenze individuali, che scendono morbidi, fanno respirare e consentono movimenti ampi.

La complicità che va sostenuta nel tempo è quella primaria di soddisfare i bisogni di appartenenza e di libertà di entrambi, di crescere insieme e per contro proprio. Di avere spazi comuni ed individuali. Di essere in contatto e di starsene in ritiro. Il tutto compreso entro una relazione capace di sostenere queste alternanze.

Rinnovare la ricerca di questi equilibri è una buona chiave di successo che consente la qualità delle relazioni e nell’individualità, come genitori, figli, amici e partner.


Qual è il tuo bisogno fondamentale? Sentire che “sei di qualcuno” o “sentirti libero”?

Quale sentimento è essenziale per te per sentirti legato ad un’altra persona?

Cosa può spezzare, in te, il legame d’affetto? E come ti allontani dalle persone…?

Nessun commento: